lunedì 27 ottobre 2014

Trilli e il gatto 2. Parte

“Dai, raccontami di te”, chiede Trilli mentre gli si siede accanto.
“Che vuoi che ti dica? Sono un gatto persiano che qualcuno ha abbandonato vicino al cancello di una casa in città. Ero così piccolo. Ma che coraggio avranno avuto a lasciarmi lì. Gli umani sono proprio strani. Ma il mio padrone mi ha visto - non credo che mi abbia sentito piangere perché io sono un maschio e i maschi non piangono - e mi ha accolto in casa sua.
Ah che bella vita faccio: crocchette in abbondanza, qualche volta un dolcetto, un divanetto dove dormire, dei giochi ed ogni tanto un bagno”.
“Bagno? Ma a voi gatti non piace l’acqua” commenta Trilli incuriosita.
“ A me sì” risponde Mau. “Mi piace l’odore del sapone! Che meraviglia sapere di buono e non come quei gatti di strada che si strusciano dappertutto. Io mi struscio sui maglioni di cachemire del mio padrone”
A Trilli scappa una risata e poi chiede, preoccupata: “Ma dov’è ora il tuo padrone?”
“Non lo so, te l’ho già detto”, risponde spazientito. 
“Stamattina sono entrato nella sua camera ed era a letto. Dormiva, almeno credo. Gli ho dato una zampata in testa ma lui, niente, non si è mosso.”
“E poi?” chiede Trilli sempre più incuriosita.
“E poi sono entrati degli umani dalla porta, anzi l’hanno buttata giù. Hanno fatto tanto di quel rumore che mi sono spaventato e sono scappato sul balcone.”
“E?”
“E l’hanno portato via.”

“E tu?”
“Gli umani hanno cercato di prendermi ma io con un balzo sono salito sul parapetto del balcone e sono volato via. Ma ora voglio tornare a casa. Mi mancano le mie cose” risponde Mau sconsolato.
Trilli gli si avvicina e cerca di rincuorarlo: “Qui è la tua nuova casaNel momento in cui sei saltato dal balcone hai scelto la tua nuova vita. O ti facevi prendere dagli umani  oppure ….”
“Oppure cosa? Dimmi come faccio a tornare indietro!”
“Non puoi tornare indietro”
Gli occhi di Mau si riempiono di lacrime. Trilli vorrebbe consolarlo ma lui si ritrae. E’ un gatto persiano, non può certo piangere. Solo ora si rende conto che saltando dal balcone ha lasciato dietro di sé una vita. Ed ora si trova sospeso nel tempo.Non sa come affrontare l’altra vita.
Lo sguardo di Mau è così triste  che ti strappa il cuore: “Non so cosa devo fare”, sussurra.
“Non devi fare niente” gli risponde Trilli e lo prende per unazampa.
Insieme escono dalla stanza.

Trilli e il gatto. 1. Parte

“Aiuto! Aiuto!”
Trilli si sveglia all’improvviso. 
“Chissà chi grida aiuto. Sarà Peter? O qualche bimbo in difficoltà?” Trilli si stropiccia gli occhi, si alza dal letto e spia fuori dalla finestra. Vede una massa di pelo nero e due fessure gialle gialle.
“Chi sei?”
“Come chi sono? Non vedi che sono un gatto? E come dicono, anche bello. Guarda che bel pelo, lucido e folto. Mi vuoi far entrare? Sono infreddolito.”
“Ehi, che modi. Io non ti conosco. Non sei un bambino.”
“Buon per te che non sono un bambino. Li odio quei piccoli esseri rumorosi e dispettosi. E adesso fammi entrare, stupido insetto. Ho freddo!”
“Ma chi credi di essere? Io non sono uno stupido insetto. Sono Trilli.”
“Trilli? Ma che razza di nome è? Io ti avrei chiamato Sgorbietto. Mah, forse no, un po’ carina lo sei. E lo sarai di più se mi farai entrare. Sto congelando. Lo vuoi capire, sì o no?”
“Io non sento freddo”
Io non sento freddo” ripete il gatto con voce stridula. “Sei proprio stupida, allora” e con un balzo spalanca la finestra e salta nella stanza.
Trilli lo guarda.
“Sono piuttosto bello, vero? Sono l’orgoglio del mio padrone. Sono venuti a prenderlo stamattina e io sono rimasto solo. Hanno cercato di acchiapparmi ma io sono riuscito a scappare. Sono salito sul balcone e via, sono saltato. Ed ora eccomi qua. Ma dove cavolo mi trovo?"
"Chi ha preso il tuo padrone?” chiede Trilli incuriosita.
“Non lo so e non mi interessa. Io adesso ho fame. A lui penserò dopo. Hai qualcosa da sgranocchiare?” 
Lasciami controllare. Non sapevo che avrei avuto un gatto come ospite. Come ti chiami?”
Mau. E non ridere. I nostri padroni ci appioppano sempre dei nomi stupidi.
Trilli vola veloce in cucina e apre un armadietto. Con destrezza prende una ciotola e l’appoggia per terra e poi vola ad un altro armadietto pieno di confezioni di crocchette per gatti.
Mau, vieni. Scegli cosa mangiare”
Con un balzo Mau si precipita da Trilli.
“Oh mio Dio. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma chi sei tu? La fatina delle crocchette? Scelgo quella con i pesci sopra.”
Buone!” esclama Mau mentre si lecca i baffi. 
Anche il mio padrone mi dà sempre delle crocchette buonissime da mangiare ed ogni tanto mi lascia leccare lo scatolino della Danette. E quando qualche bimbo dispettoso mi lancia i sassi, lui lo fa scappare con il suo vocione.”

domenica 9 febbraio 2014

Erano bei tempi

Come dimenticare i fragorosi temporali d'estate che rinfrescavano le lunghe giornate afose che passavo in montagna dalla nonna. Ogni anno, al termine della scuola, i miei genitori mi mandavano dalla nonna e restavo con lei fino alla fine di Settembre. Ai miei tempi la scuola iniziava il primo Ottobre. I miei nipoti direbbero: " Eh sì, che erano bei tempi". Ma questa è un'altra storia.

Aspettavo la fine della scuola con ansia. Non che non mi piacesse andarci, nonostante la mia maestra fosse un po' dispotica, ma l'idea di poter stare via qualche mese, coccolata dagli zii ancora adolescenti mi intrigava molto. Ero la più piccola della casa: passavo i pomeriggi ad ascoltare i dischi con gli amici degli zii. Non giocavo molto con le bambole. In compenso conoscevo " Siamo i Watussi" le "Nessuno mi può giudicare". Stare in mezzo a loro mi dava la sensazione di essere protetta e che niente di male mi sarebbe successo.

Quando non ascoltavo musica, andavo a "passeggio", come si diceva allora o al fiume: per poter entrare in acqua dovevo assolutamente indossare i sandali per proteggere i piedi dai sassi. Erano di gomma e colorati, un must di quel tempo. Non averli ti faceva sentire esclusa. Sguazzare nell'acqua, costruire piccole dighe, scegliere i sassi più belli per farne che, non lo so.

Comunque sia, qualsiasi attività veniva interrotta dai famosi temporali d'estate: le nubi arrivavano veloci, il cielo si oscurava, la pioggia cominciava a scendere copiosa ed a quel punto si compiva un rituale: di fretta a casa ad asciugarsi ed a mettere il golfino. Poi si giocava a carte oppure si tirava fuori il gioco dell'oca, quando andava bene. Quando andava male, secchi e catini perché l'acqua scendeva a rivoli dal soffitto. Che divertimento correre di qua e di là per posizionare i secchi nei punti dove scendeva l'acqua. Se penso che ora quando la caldaia non funziona o il rubinetto perde, digito furiosamente i tasti del telefono per chiamare l'idraulico, a quei tempi, nessuno si agitava. Fuori secchi e catini ad aspettare che la pioggia finisse.

Ora la nonna non c'è più, la casa sì. È stata ristrutturata e sicuramente le infiltrazioni non ci sono più. Quando la vedo, mi prende la nostalgia del ricordo: io, la nonna, gli zii, Sapore di mare ......